Ho visto gli effetti di un incendio esteso in un parco americano, con pochi alberi carbonizzati rimasti in piedi e interi boschi letteralmente spazzati via. Eppure, già dalla primavera successiva è possibile vedere il primo verde che sbuca dal terreno carbonizzato
Gli incendi mangiano ciò che spunta all'aria, ma sotto terra difficilmente fa grossi danni. Ecco quindi che le radici – seppur morte – impiegano molti anni prima di diventare concime, permettendo di mantenere al proprio posto intere montagne ed evitando gli smottamenti legati alle forti piogge. Nel frattempo le nuove piante crescono, libere dalla “oppressione” delle fronde degli alberi già adulti e protette da un suolo sterilizzato dalle fiamme.
Paradossalmente, quindi, una montagna sgombra rappresenta un ottimo terreno di coltura per le nuove piante. Che, è bene non dimenticarlo, hanno una aspettativa di vita limitata (non pensiamo solo alle sequoie capaci di vivere migliaia di anni, ci sono molti alberi che hanno un ciclo di vita di pochi decenni).
Gli incendi capitano più di frequente nei mesi estivi, dove la siccità, il vento e le tempeste di fulmini innescano più facilmente il fuoco. Il lavoro dei pompieri molto spesso si limita a proteggere le strutture nei pressi dell’incendio (molte case purtroppo vengono rase al suolo senza un piano di prevenzione ben organizzato) e a contenerne gli effetti. Per il resto, un bosco viene lasciato bruciare.
Come ho scritto, non è necessariamente un male, anche se può impressionare sapere che migliaia di ettari di bosco vanno letteralmente in fumo ogni anno. D’altro canto, sapere che da quelle ceneri nasceranno nuovi alberi è anche un simbolo di speranza, che ci ricorda come si possa rinascere persino da un evento apparentemente catastrofico.
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